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Il ritorno del lupo sulle Alpi occidentali

Il ritorno del lupo sulle Alpi occidentali a partire dai primi anni ’90 dopo circa 70 anni di assenza è un evento di grande interesse e significato ecologico ma anche sociale e culturale.

La popolazione appenninica di lupo, come è stato ampiamente dimostrato dalle analisi genetiche, si è naturalmente espansa e dispersa attraverso l’Appennino tosco/emiliano e ligure/piemontese verso le Alpi franco/piemontesi dove localmente (Valli Tanaro e Pesio e Valle Stura di Demonte nel cuneese e Valli di Susa, Chisone e Germanasca nel torinese) si sono insediati stabilmente branchi riproduttivi; la presenza di lupi è stata inoltre documentata in Provincia di Alessandria (Valli Curone e Borbera, Capanne di Marcarolo) e in Provincia di Verbania (un esemplare) al confine con la Svizzera (Valli Bognanco e Antrona).

Attualmente in Piemonte è stimata una presenza simultanea di 38 lupi nel periodo di inizio inverno e di 31 lupi a fine inverno, con 7 branchi (4 nel cuneese e 3 nel torinese) mentre ben 76 sono gli individui campionati geneticamente che dimostrano il notevole turn-over annuale dei lupi presenti nei branchi dovuto ad un alto tasso di mortalità e di dispersione.

Proprio la grande capacità di dispersione tipica della specie e la ricostituzione e riconnessione fisica dagli habitat naturali in ampi tratti delle montagne, conseguenza del loro progressivo abbandono, unita alla conseguente ripresa della popolazione di ungulati selvatici sono la ragione fondamentale del ritorno del lupo sulle Alpi; un ritorno che attesta da un lato la loro riqualificazione ecologica, dall’altro ha importanti implicazioni di carattere sociale, economico e culturale.

Un aspetto di particolare interesse per comprendere la dinamica della specie, e di cui non sono ancora state comprese le motivazioni ancorché situazioni analoghe siano state registrate in altri paesi (Svezia, Montagne Rocciose), è la discontinuità della distribuzione del lupo lungo l’arco alpino, frammentata e caratterizzata da due nuclei principali (Alpi Liguri e Marittime – Valli di Susa, Chisone e Germanasca).

La Regione Piemonte per conoscere e gestire efficacemente tale fenomeno ha avviato dal 1999, a seguito della documentazione della riproduzione di una coppia di lupi all’interno del Gran Bosco di Salbertrand, un’attività sistematica di monitoraggio, di studio, di comunicazione al pubblico ed ai gruppi di interesse e di assistenza in particolare nei confronti degli operatori economici locali.

Questa attività ha minimizzato l’impatto della specie ed evitato il sorgere di qualsiasi forma di conflitto sociale, nonché avviato a soluzione, e talora risolto, problemi paralleli quali quello dei cani vaganti.

Nei confronti degli allevatori operano veterinari che garantiscono assistenza sanitaria, accertamento dei danni ai fini del risarcimento, supporto nella ricerca di forme di pastoralismo più adatte alla presenza di predatori; il programma “human dimension” ha consentito di contattare nelle aree dove è presente il lupo la popolazione residente ed i differenti gruppi di interesse (allevatori, cacciatori, ambientalisti, studenti ecc.), verificandone le opinioni, gli atteggiamenti, la percezione e consentendo di svolgere una capillare e diretta attività di informazione sulla biologia del lupo, il suo comportamento, le sue dinamiche, i rischi effettivi. In tale ambito sono stati attivati proficui confronti in cui sono state presentate le varie esperienze, discusse le soluzioni più adatte per ridurre i danni a carico del bestiame domestico e migliorare le condizioni di vita degli allevatori; questi momenti hanno avviato un percorso di effettiva collaborazione e di coinvolgimento nella gestione della specie che deve diventare permanente negli sviluppi futuri del progetto.

In considerazione delle conoscenze e dell’esperienza sin qui acquisita e della presumibile ulteriore espansione della specie sul territorio alpino, lo sviluppo del progetto prevederà la formulazione definitiva del “Piano d’Azione per la gestione del lupo in Piemonte” che avrà, tra l’altro, il compito di garantire le condizioni per una gestione sostenibile e condivisa di una popolazione “vitale “ della specie che preveda una strategia integrata e flessibile che, da un lato identifichi, tuteli, integri e migliori la funzionalità dei corridoi ecologici e dall’altro pianifichi e moduli la sua presenza sul territorio stabilendo forme di protezione differenziate che possono prevedere anche la rimozione di individui in situazioni di conflitto e di pericolo. Il Piano dovrà altresì prevedere la strutturazione di un gruppo di lavoro permanente che coinvolga le varie amministrazioni pubbliche ed i gruppi di interesse ed avente come centro di riferimento il Parco naturale delle Alpi Marittime, la strutturazione di forme permanenti di monitoraggio e di assistenza al comparto zootecnico che sarà altresì coinvolto nella definizione delle modalità gestionali della specie.

La comunicazione assumerà in tale fase e nella prospettiva della ricerca di condizioni di coesistenza, un ruolo strategico per garantire una adeguata informazione dei risultati raggiunti, delle strategie e delle azioni assunte; deve in altre parole da un lato garantire la massima visibilità al progetto e dall’altro raggiungere e coinvolgere tutti i gruppi di interesse raccogliendo i loro pareri e fornire occasione di confronto e di discussione.

Il carattere interregionale e transfrontaliero della popolazione di lupo che si è dispersa indifferentemente sui versanti dell’Appennino e delle Alpi e che per una sua corretta gestione deve essere considerata unitariamente, richiede per un suo efficace studio e monitoraggio l’attivazione di una stretta collaborazione tra i ricercatori; in questa prospettiva dal 2002 è stato costituito il “Wolf Alpine Group” nel cui ambito è stata attivata una stretta collaborazione tra i ricercatori italiani, francesi e svizzeri per la definizione di strategie di monitoraggio comuni e per garantire la massima circolazione e scambio di dati e di informazioni.

Il lavoro svolto in questi anni per lo studio e per la gestione di un aspetto di grande interesse e problematicità è stato particolarmente importante nello sviluppo del disegno di legge in materia di tutela e conservazione della diversità biologica in attuazione delle Direttive 92/43/CEE (Habitat) e 79/409/CEE (Uccelli), in particolare per quanto riguarda la previsione e la definizione del “Piano d’Azione” per le specie e per gli habitat, delle “Aree di collegamento ecologico e funzionale” e delle misure di indennizzo per i danni al bestiame domestico e di incentivo per attività compatibili con gli obiettivi di conservazione.

Una condizione di particolare importanza per la conservazione di popolazioni “vitali” della specie è infine la condivisione e l’applicazione di comuni strategie gestionali con le regioni e le nazioni confinanti; a tal fine è previsto lo sviluppo di accordi di cooperazione con la Liguria, la Valle d’Aosta e la Lombardia, mentre è già in fase di definizione, con la partecipazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, un “Protocollo di cooperazione” transfrontaliero con la Francia e con la Svizzera.

 

 

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